Giovedì 15 e venerdì 16 settembre si è svolta a Sydney la quarta Conferenza Internazionale sull’Atresia Esofagea, promossa dal Sydney Children’s Hospital in compartecipazione con OARA, l’Associazione di Ricerca sull’Atresia Esofagea (la “O” dell’acronimo sta per Oesophageal).
L’evento ha visto la partecipazione di un discreto numero di associazioni, soprattutto europee, “capitanate” da EAT, la Federazione Europea delle Associazioni di Atresia Esofagea e Fistola Tracheoesofagea. Anche la nostra F.AT.E. ha partecipato. C’eravamo io, Marco Parracciani, Consigliere F.AT.E. e Bernhard Warner, Consigliere F.AT.E. e membro di EAT.
Sono stati due giorni molto intensi di incontri e di confronto fra i principali esperti e specialisti mondiali dell’AE, che hanno contributo a consolidare alcune certezze sul trattamento chirurgico dell’AE e hanno offerto nuovi spunti per la ricerca futura sulla patologia. E’ stata inoltre ribadita l’importanza di continuare a lavorare per concordare su linee guida comuni, all’interno della comunità scientifica, su come affrontare le sfide a cui sono sottoposti i piccoli (e grandi) pazienti e le loro famiglie.
Il tema della conferenza (Coming Together, letteralmente “venendo insieme” ma da interpretare come “andando insieme”) è stato quindi centrato in pieno: sia da un punto di vista “ufficiale” con la presentazione delle linee guida (e questa è una bellissima novità) ESPGHAN-NASPGHAN per la valutazione e il trattamento delle complicanze gastro-intestinali e nutrizionali dei bambini con Atresia Esofagea e Fistola Tracheoesofagea (CLICCA QUI per l’abstract dell’articolo). Questo è un punto di arrivo fondamentale a cui è pervenuta la comunità scientifica internazionale che, dopo un confornto durato due anni, ha definito dei protocolli standard che tutti i medici dovrebbero seguire nel follow-up, dunque nell’assistenza di lungo periodo, dei pazienti nati con AE.
Da un punto di vista generale, il clima tra gli esperti è apparso collaborativo, rispetto a passate edizioni in cui emergevano forti divergenze e contrasti. A Sydeny abbiamo percepito una buona sintonia e un atteggiamento di condivisione.
La ricerca
Parte della seconda giornata è stata lasciata alle pubblicazioni dei giovani ricercatori, rappresentanti le équipe degli ospedali pediatrici presenti alla conferenza: per l’Italia il dottor Andrea Conforti, dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma, ha presentato i risultati di una ricerca sulla Prevalenza di anomalie laringo-tracheali nei pazienti con AE.
La dottoressa Franziska Righini-Grunder (Canada) ha presentato un interessante lavoro dal titolo Reflusso gastroesofageo in bambini con AE: quando è il momento di sospendere gli inibitori di pompa protonica? Rispetto al campione preso in esame (78 pazienti del Justine Hospital di Montreal nati fra il settembre 2005 e il dicembre 2014) la metà dei pazienti ha potuto sostenere un trattamento discontinuo di Inibitori di Pompa Protonica, la mediana di trattamento è stata di 31 mesi. E’ stato osservato che stenosi e tracheo-malacia sono fattori portano al trattamento più prolungato e continuativo di IPP.
Al di là dei risultati delle varie ricerche, è confortante vedere come si stia andando verso un’analisi più accurata e specifica delle varie problematiche, ed è risultato chiaro che in tutto il mondo i problemi generali che affliggono i pazienti sono gli stessi, sia in Canada che in Italia, e che le domande delle famiglie agli esperti siano orami “globalizzate”.
Promuovere studi “paralleli” fra le varie nazioni è un buon modo per rispondere alle richieste delle famiglie, così come realizzare studi comuni, intra-nazionali. La strada è lunga, ma la sensazione è che questi due giorni abbiano tracciato una via.
Il follow-up
Una presentazione sul tema della Transition to Adulthood (transizione dall’età pediatrica all’età adulta) è stata fatta dal dottor Sebastian King (Australia), e in altre due presentazioni si è parlato di Esofago di Barrett e del rischio di cancro nell’Atresia Esofagea. In entrambi i casi non sono emerse novità di rilievo.
La presentazione che non ti aspetti
Nella seconda giornata di presentazioni, il professor Paolo de Coppi (italiano, professore di Chirurgia Pediatrica a capo della sezione di Medicina Rigenerativa e Cellule Staminali dell’Istituto di Salute Pediatrica di Londra) ha proposto un intervento su un tema molto atteso: Neo-oesophagus: Where are we at? L’intervento ha fatto il punto sulla sperimentazione nell’uso di cellule staminali e ingegneria tissutale per la risoluzione di anomalie congenite. De Coppi ha mostrato alcuni incoraggianti risultati nel far rivivere tessuti morti (prelevati da cadaveri), impiantandoli dopo un lungo e complesso trattamento, nella persona con l’anomalia, senza o quasi rischi di rigetto. Buoni risultati si sono ottenuti con la trachea, mentre per quanto riguarda l’esofago la sperimentazione è ancora in atto. Molto interessanti anche i risultati della ricerca sulla possibilità di estrarre cellule staminali anche dal liquido amniotico, che possiede capacità rigenerative pari a quelle dell’embrione.
Il clima
Più che positivo. Sia fra le varie associazioni e i suoi rappresentanti, che fra le équipe specialistiche presenti alla Conferenza. Sono state organizzate varie sessioni di confronto (meet the experts) nelle pause lunghe programmate e una sessione di poster di presentazione delle ricerche; anche il Social Program (le attività al di fuori dell’incontro) hanno avuto un’ottima partecipazione. Organizzazione impeccabile!
Il tema
Come ho detto in precedenza, il tema dell’incontro è stato centrato in ogni suo aspetto. Le presentazioni hanno spaziato in tutti i campi (sia in specialistica che in generale), si è dato spazio alla ricerca, alle storie dei pazienti (una per giorno) e si sono definiti gli obiettivi comuni da raggiungere per Roma 2019.
Le quotes
O più semplicemente “citazioni”. A volte basta una frase per spiegare un intero lavoro, o delle conclusioni che altrimenti risulterebbero molto articolate.
In questo caso i social network aiutano, e l’ashtag #OASyd2016 su Twitter è stato molto utilizzato nei due giorni. Tutte le Associazioni o i singoli hanno cercato di riassumere alcuni concetti espressi dagli esperti, sintetizzando il tutto negli ormai famosi 140 caratteri. Ecco alcune citazioni (Fonti: EAT, OARA, FATE).
Transition to adulthood is an absolute must! “A good quality of life and lack of symptoms are NOT equal to a healthy oesophagus”, dr. Sebastian King
Recurrence risk of AO : less than 1 % for isolated AO, less than 1% VACTERL ( but in rare cases 25-50%….)
Dysmotility is a predictive factor for complicated GERD + gastric & intestinal metaplasia, says Pr Faure
“Both pharynx and esophagus need assessment in case of dysphagia”, dr. Nathalie Rommel
Parental concern is the largest cause for giving texture not appropriate to age, more than medical cause
“From 10% to 70% of AE are related to Polyhydramnios”, Prof. David Mowat
Pr Van Der Zee about long gap (10% of OA) – native oesophagus considered as the best option
Current survival rate of OA is 95% hence research focuses on morbidity and health- related quality of life issues
“Coming together”: the importance of international protocols through collective work
Cosa porto “a casa”?
Un bel po’ di certezze. Si è vista nettamente, e lo voglio rimarcare con forza, una linea comune da attuare. Nella maggior parte delle presentazioni si è lasciato intendere che serve una collaborazione di respiro internazionale: per fare un esempio, nella parte finale della presentazione del prof. David van der Zee (Long Gap rimande una sfida difficile per tutti?), chirurgo dell’Ospedale Univeristario di Utrecht (Olanda), si chiede un’indicazione precisa su come individuare i centri di eccellenza a livello mondiale e fra i “futuri sviluppi” si propone di animare una discussione sulla centralizzazione (e quindi l’uso di centri di eccellenza chirurgici specialistici) e una collaborazione internazionale per lo sviluppo di nuove tecniche condivise.
In uno degli ultimi interventi della Conferenza, il professor Frédéric Gottrand (dell’ospedale di Lille, France e presidente dell’INOEA, il Network Internazionale dell’AE) ha parlato dell’importanza dei registri internazionali e della collaborazione nella ricerca per quanto riguarda l’AE.
Riporto in Italia tante emozioni. Prima fra tutte quella di essere stato in Australia, nella doppia veste di turista e rappresentante di F.AT.E. Come turista ho visto un mondo totalmente diverso da quello in cui sono abituato a vivere, sia come popolo ma soprattutto come natura (foresta pluviale, koala e canguri). Ma pure in un mondo così diverso (e così lontano!) dalla nostra cara vecchia Italia, ho potuto vedere quanto noi pazienti di AE siamo tutti uguali nelle richieste, nei problemi, nelle gioie e nei dolori.
Sentire le storie di due adulte (una ragazza di 19 anni, una donna di quasi 50 anni) australiane nate con l’AE e conoscerle; capire come, seppur nella diversità di interventi, di storie personali e di mondi, le sensazioni e quello che ci portiamo dentro, noi adulti nati con AE, siano molto simili (varia qualche sfumatura, ma il “vissuto” è lo stesso).
E’ difficile far capire ai tanti amici di F.AT.E. questo sentimento, spero di esserci riuscito!
Porto a casa in Italia anche la gioia dell’annuncio che il 5° Incontro, previsto nel 2019, si terrà a Roma. Questa sarà una grande opportunità per tutti i pazienti italiani e le loro famiglie di mettersi in contatto con il mondo scientifico internazionale e per conoscere tante realtà diverse di associazioni e pazienti.
Il messaggio più importante che continuerò a condividere con tutti gli amici italiani è che l’unica via che tutti i grandi esperti indicano per garantire una crescita costante e consapevole della qualità di cure e assistenza sia la condivisione. Condivisione di esperienze, di tecniche, di ricerche, di obiettivi. E questo vale sia per le équipe specialistiche che per le Associazioni.
Ed è così che mi immagino Roma 2019, come quegli illustratori del Novecento che provavano a immaginare la vita nel 2000: il consolidamento di un network sull’AE, una linea comune, retta e aperta, maggiori certezze per gli adulti…sembrano pochi tre anni per sviluppare tutto ciò che si è detto e fatto a Sydney. Ma questa sfida non impaurisce di certo le famiglie, i bambini e gli adulti nati con AE, che sanno bene che cosa sia il Tempo e come dare valore a ogni singolo secondo di ogni singola giornata!
Marco Parracciani
Last Updated: 5 Novembre 2016 by cristina Leave a Comment
Primo incontro del gruppo regionale siciliano F.AT.E. a Catania il 22/10/2016, sede e programma dettagliato
Cari amici, siciliani e dei dintorni, siete tutti invitati al primo incontro del gruppo regionale siciliano F.AT.E. a Catania il 22 ottobre 2016 presso l’Ospedale Garibaldi in VIA PALERMO 636, DALLE ORE 15 ALLE ORE 18.
Sarà un’occasione unica per conoscersi, scambiarsi idee e informazioni, con il supporto di medici ed esperti, e immaginare le attività da sviluppare nel prossimo futuro per migliorare la qualità delle cure e della vita per pazienti e famiglie in Sicilia.
Accorrete numerosi e passate parola!!
Last Updated: 23 Febbraio 2017 by cristina Leave a Comment
Quarta Conferenza Internazionale sull’AE a Sydney, relazione e considerazioni di Marco Parracciani, Consigliere F.AT.E e adulto con AE
Giovedì 15 e venerdì 16 settembre si è svolta a Sydney la quarta Conferenza Internazionale sull’Atresia Esofagea, promossa dal Sydney Children’s Hospital in compartecipazione con OARA, l’Associazione di Ricerca sull’Atresia Esofagea (la “O” dell’acronimo sta per Oesophageal).
L’evento ha visto la partecipazione di un discreto numero di associazioni, soprattutto europee, “capitanate” da EAT, la Federazione Europea delle Associazioni di Atresia Esofagea e Fistola Tracheoesofagea. Anche la nostra F.AT.E. ha partecipato. C’eravamo io, Marco Parracciani, Consigliere F.AT.E. e Bernhard Warner, Consigliere F.AT.E. e membro di EAT.
Sono stati due giorni molto intensi di incontri e di confronto fra i principali esperti e specialisti mondiali dell’AE, che hanno contributo a consolidare alcune certezze sul trattamento chirurgico dell’AE e hanno offerto nuovi spunti per la ricerca futura sulla patologia. E’ stata inoltre ribadita l’importanza di continuare a lavorare per concordare su linee guida comuni, all’interno della comunità scientifica, su come affrontare le sfide a cui sono sottoposti i piccoli (e grandi) pazienti e le loro famiglie.
Il tema della conferenza (Coming Together, letteralmente “venendo insieme” ma da interpretare come “andando insieme”) è stato quindi centrato in pieno: sia da un punto di vista “ufficiale” con la presentazione delle linee guida (e questa è una bellissima novità) ESPGHAN-NASPGHAN per la valutazione e il trattamento delle complicanze gastro-intestinali e nutrizionali dei bambini con Atresia Esofagea e Fistola Tracheoesofagea (CLICCA QUI per l’abstract dell’articolo). Questo è un punto di arrivo fondamentale a cui è pervenuta la comunità scientifica internazionale che, dopo un confornto durato due anni, ha definito dei protocolli standard che tutti i medici dovrebbero seguire nel follow-up, dunque nell’assistenza di lungo periodo, dei pazienti nati con AE.
Da un punto di vista generale, il clima tra gli esperti è apparso collaborativo, rispetto a passate edizioni in cui emergevano forti divergenze e contrasti. A Sydeny abbiamo percepito una buona sintonia e un atteggiamento di condivisione.
La ricerca
Parte della seconda giornata è stata lasciata alle pubblicazioni dei giovani ricercatori, rappresentanti le équipe degli ospedali pediatrici presenti alla conferenza: per l’Italia il dottor Andrea Conforti, dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma, ha presentato i risultati di una ricerca sulla Prevalenza di anomalie laringo-tracheali nei pazienti con AE.
La dottoressa Franziska Righini-Grunder (Canada) ha presentato un interessante lavoro dal titolo Reflusso gastroesofageo in bambini con AE: quando è il momento di sospendere gli inibitori di pompa protonica? Rispetto al campione preso in esame (78 pazienti del Justine Hospital di Montreal nati fra il settembre 2005 e il dicembre 2014) la metà dei pazienti ha potuto sostenere un trattamento discontinuo di Inibitori di Pompa Protonica, la mediana di trattamento è stata di 31 mesi. E’ stato osservato che stenosi e tracheo-malacia sono fattori portano al trattamento più prolungato e continuativo di IPP.
Al di là dei risultati delle varie ricerche, è confortante vedere come si stia andando verso un’analisi più accurata e specifica delle varie problematiche, ed è risultato chiaro che in tutto il mondo i problemi generali che affliggono i pazienti sono gli stessi, sia in Canada che in Italia, e che le domande delle famiglie agli esperti siano orami “globalizzate”.
Promuovere studi “paralleli” fra le varie nazioni è un buon modo per rispondere alle richieste delle famiglie, così come realizzare studi comuni, intra-nazionali. La strada è lunga, ma la sensazione è che questi due giorni abbiano tracciato una via.
Il follow-up
Una presentazione sul tema della Transition to Adulthood (transizione dall’età pediatrica all’età adulta) è stata fatta dal dottor Sebastian King (Australia), e in altre due presentazioni si è parlato di Esofago di Barrett e del rischio di cancro nell’Atresia Esofagea. In entrambi i casi non sono emerse novità di rilievo.
La presentazione che non ti aspetti
Nella seconda giornata di presentazioni, il professor Paolo de Coppi (italiano, professore di Chirurgia Pediatrica a capo della sezione di Medicina Rigenerativa e Cellule Staminali dell’Istituto di Salute Pediatrica di Londra) ha proposto un intervento su un tema molto atteso: Neo-oesophagus: Where are we at? L’intervento ha fatto il punto sulla sperimentazione nell’uso di cellule staminali e ingegneria tissutale per la risoluzione di anomalie congenite. De Coppi ha mostrato alcuni incoraggianti risultati nel far rivivere tessuti morti (prelevati da cadaveri), impiantandoli dopo un lungo e complesso trattamento, nella persona con l’anomalia, senza o quasi rischi di rigetto. Buoni risultati si sono ottenuti con la trachea, mentre per quanto riguarda l’esofago la sperimentazione è ancora in atto. Molto interessanti anche i risultati della ricerca sulla possibilità di estrarre cellule staminali anche dal liquido amniotico, che possiede capacità rigenerative pari a quelle dell’embrione.
Il clima
Più che positivo. Sia fra le varie associazioni e i suoi rappresentanti, che fra le équipe specialistiche presenti alla Conferenza. Sono state organizzate varie sessioni di confronto (meet the experts) nelle pause lunghe programmate e una sessione di poster di presentazione delle ricerche; anche il Social Program (le attività al di fuori dell’incontro) hanno avuto un’ottima partecipazione. Organizzazione impeccabile!
Il tema
Come ho detto in precedenza, il tema dell’incontro è stato centrato in ogni suo aspetto. Le presentazioni hanno spaziato in tutti i campi (sia in specialistica che in generale), si è dato spazio alla ricerca, alle storie dei pazienti (una per giorno) e si sono definiti gli obiettivi comuni da raggiungere per Roma 2019.
Le quotes
O più semplicemente “citazioni”. A volte basta una frase per spiegare un intero lavoro, o delle conclusioni che altrimenti risulterebbero molto articolate.
In questo caso i social network aiutano, e l’ashtag #OASyd2016 su Twitter è stato molto utilizzato nei due giorni. Tutte le Associazioni o i singoli hanno cercato di riassumere alcuni concetti espressi dagli esperti, sintetizzando il tutto negli ormai famosi 140 caratteri. Ecco alcune citazioni (Fonti: EAT, OARA, FATE).
Transition to adulthood is an absolute must! “A good quality of life and lack of symptoms are NOT equal to a healthy oesophagus”, dr. Sebastian King
Recurrence risk of AO : less than 1 % for isolated AO, less than 1% VACTERL ( but in rare cases 25-50%….)
Dysmotility is a predictive factor for complicated GERD + gastric & intestinal metaplasia, says Pr Faure
“Both pharynx and esophagus need assessment in case of dysphagia”, dr. Nathalie Rommel
Parental concern is the largest cause for giving texture not appropriate to age, more than medical cause
“From 10% to 70% of AE are related to Polyhydramnios”, Prof. David Mowat
Pr Van Der Zee about long gap (10% of OA) – native oesophagus considered as the best option
Current survival rate of OA is 95% hence research focuses on morbidity and health- related quality of life issues
“Coming together”: the importance of international protocols through collective work
Cosa porto “a casa”?
Un bel po’ di certezze. Si è vista nettamente, e lo voglio rimarcare con forza, una linea comune da attuare. Nella maggior parte delle presentazioni si è lasciato intendere che serve una collaborazione di respiro internazionale: per fare un esempio, nella parte finale della presentazione del prof. David van der Zee (Long Gap rimande una sfida difficile per tutti?), chirurgo dell’Ospedale Univeristario di Utrecht (Olanda), si chiede un’indicazione precisa su come individuare i centri di eccellenza a livello mondiale e fra i “futuri sviluppi” si propone di animare una discussione sulla centralizzazione (e quindi l’uso di centri di eccellenza chirurgici specialistici) e una collaborazione internazionale per lo sviluppo di nuove tecniche condivise.
In uno degli ultimi interventi della Conferenza, il professor Frédéric Gottrand (dell’ospedale di Lille, France e presidente dell’INOEA, il Network Internazionale dell’AE) ha parlato dell’importanza dei registri internazionali e della collaborazione nella ricerca per quanto riguarda l’AE.
Riporto in Italia tante emozioni. Prima fra tutte quella di essere stato in Australia, nella doppia veste di turista e rappresentante di F.AT.E. Come turista ho visto un mondo totalmente diverso da quello in cui sono abituato a vivere, sia come popolo ma soprattutto come natura (foresta pluviale, koala e canguri). Ma pure in un mondo così diverso (e così lontano!) dalla nostra cara vecchia Italia, ho potuto vedere quanto noi pazienti di AE siamo tutti uguali nelle richieste, nei problemi, nelle gioie e nei dolori.
Sentire le storie di due adulte (una ragazza di 19 anni, una donna di quasi 50 anni) australiane nate con l’AE e conoscerle; capire come, seppur nella diversità di interventi, di storie personali e di mondi, le sensazioni e quello che ci portiamo dentro, noi adulti nati con AE, siano molto simili (varia qualche sfumatura, ma il “vissuto” è lo stesso).
E’ difficile far capire ai tanti amici di F.AT.E. questo sentimento, spero di esserci riuscito!
Porto a casa in Italia anche la gioia dell’annuncio che il 5° Incontro, previsto nel 2019, si terrà a Roma. Questa sarà una grande opportunità per tutti i pazienti italiani e le loro famiglie di mettersi in contatto con il mondo scientifico internazionale e per conoscere tante realtà diverse di associazioni e pazienti.
Il messaggio più importante che continuerò a condividere con tutti gli amici italiani è che l’unica via che tutti i grandi esperti indicano per garantire una crescita costante e consapevole della qualità di cure e assistenza sia la condivisione. Condivisione di esperienze, di tecniche, di ricerche, di obiettivi. E questo vale sia per le équipe specialistiche che per le Associazioni.
Ed è così che mi immagino Roma 2019, come quegli illustratori del Novecento che provavano a immaginare la vita nel 2000: il consolidamento di un network sull’AE, una linea comune, retta e aperta, maggiori certezze per gli adulti…sembrano pochi tre anni per sviluppare tutto ciò che si è detto e fatto a Sydney. Ma questa sfida non impaurisce di certo le famiglie, i bambini e gli adulti nati con AE, che sanno bene che cosa sia il Tempo e come dare valore a ogni singolo secondo di ogni singola giornata!
Marco Parracciani
Last Updated: 3 Agosto 2016 by cristina Leave a Comment
I successi di Andrea, ragazzo nato con AE
Un ritaglio di giornale (il Giornale di Vicenza) inviatoci da un papà, orgoglioso di suo figlio e dei risultati che sta ottenendo….con i complimenti di Samantha Cristoforetti!
“Devo molto al medico che mi ha operato e ai miei genitori che mi hanno seguito passo passo, senza mai perdere la speranza. Forse, in modo inconscio, voglio dare il mio contributo”.
(clicca sull’immagine per ingrandire l’articolo)
Posted: 5 Luglio 2016 by cristina 10 Comments
La storia di Giovanni
– Dottoressa, c’è qualche problema? Perché quella faccia?
– Signora, dall’ecografia non riesco a vedere lo stomaco del bambino e il liquido amniotico è in aumento… Forse è meglio che si rivolga ad un centro di secondo livello, potrebbe essere qualcosa di serio”.
Era il 1º giugno 2015 ed iniziava così la nostra avventura, a tratti più grande di noi, che ci ha catapultati nel mondo dell’Atresia Esofagea.
Mi chiamo Chiara, vivo a Parma e sono mamma di un guerriero di quasi nove mesi di nome Giovanni.
Sono una delle poche che ha avuto in dono il regalo più grande: il tempo necessario per poter scegliere il destino del suo bambino.
Grazie alla diagnosi prenatale (piuttosto certa in quanto Gi è nato con un’atresia di 1º tipo long gap e in eco non si vedeva lo stomaco, il pouch era stato visualizzato ed il liquido amniotico abbondava) io e mio marito Marco abbiamo potuto iniziare a guardarci intorno e capire quello che ci avrebbe aspettato da lì a pochi mesi.
Un giorno di fine luglio iniziai a guardare su internet: non vidi nulla di incoraggiante e sopratutto mi resi conto delle poche informazioni che vi fossero in rete su questa patologia (e quello che c’era faceva molta paura).. Fino a quando trovai la pagina dell’Associazione F.AT.E.
Sentivo che non mi dovevo fermare alla realtà della mia città dove, seppur con professionisti molto validi il numero di casi trattati era minimo data la patologia e, anche se mi faceva male, dovevo continuare a cercare più informazioni per il bene di mio figlio… Più leggevo più piangevo disperata ed intanto la pancia cresceva.
Da lì, la decisione di scrivere una prima mail e successivamente di chiamare Cristina che mi ha messo in contatto con il prof. Bagolan e la sua preziosa equipe.
Presi i primi appuntamenti ci siamo trasferiti a Roma soli lontani dalle nostre famiglie e da quel momento abbiamo iniziato, prima che il bambino nascesse, ad incontrare gli specialisti che avrebbero restituito a Giovanni la possibilità di mangiare conoscendo gli spazi che per lungo tempo sarebbero stati la nostra seconda casa.
Il 6 ottobre 2015, qualche ora dopo la nascita e confermata la malformazione, Gi è stato immediatamente trasportato al Bambin Gesù e sottoposto due giorni dopo ad un primo intervento di gastrostomia per dilatare lo stomaco (praticamente inesistente) ed iniziare a “mangiare”. Siamo partiti dopo qualche settimana di nutrimento endovena con 1ml/h di latte tramite Peg e settimana dopo settimana lo stomaco rispondeva sempre meglio fino ad arrivare all’alimentazione a boli.
Dopo quasi due mesi di Replogle, flebo, tubi e antibiotici il 1 dicembre Giovanni viene sottoposto all’intervento definitivo di anastomosi (fortunatamente possibile in quanto la natura aveva fatto la sua parte ed il gap si era ridotto notevolmente fino ad arrivare ad essere meno di 1 cm) e trasferito in Terapia Intensiva Neonatale.
Sono stati giorni duri, logoranti e sopratutto interminabili. Mio figlio era sedato, immobile, intubato e gonfio. Sapevo che mi poteva sentire, provava a muoversi ma il suo corpo non rispondeva. I minuti passati al fianco della sua culla sembravano ore ed io ero in silenzio, impotente.
Mi rendevo conto che per vedere come stava non guardavo più lui ma i monitor con il battito cardiaco e la saturazione.
Nei giorni seguenti ogni tubicino che veniva tolto, ogni respiro autonomo ed ogni movimento erano una vittoria: Gi aveva risposto bene, aveva dimostrato di essere un leone ancora una volta.
Tornati “a casa” nel reparto di Chirurgia Neonatale con il sondino naso-gastrico per tenere “in forma” l’esofago nei giorni successivi ha iniziato, a due mesi di vita, ad assaggiare qualcosa per bocca ed in poco tempo succhiava dal biberon quasi tutto il latte che mi tiravo e la gastrostomia serviva solo per integrare il pasto. Successivamente, con l’aiuto di un’infermiera del reparto, ho avuto anche la gioia di poterlo allattare.
Ad oggi, dopo qualche piccola complicazione dovuta al reflusso e sei dilatazioni esofagee Giovanni mangia quasi tutto e ci siamo dimenticati di avere la Peg.
Ha curiosità verso il cibo e cerchiamo di fargli assaggiare tutto anche se ammettiamo la paura delle consistenze nuove e ogni tanto il timore che l’esofago faccia i capricci ci frena; lui è in continua evoluzione e cresciamo con lui giorno dopo giorno.
Noi siamo la testimonianza che, nonostante le difficoltà, ogni tanto si può avere anche un pizzico di fortuna: dall’ultima dilatazione il 26 aprile tutto sta procedendo senza particolari imprevisti e sappiamo di essere diventati genitori ancora prima che Giovanni nascesse perché abbiamo dovuto prendere delle decisioni che avrebbero cambiato il Suo futuro mentre lui nuotava beato e protetto nella mia pancia.
Possiamo dire di aver fatto le scelte giuste con un po’ di coraggio che non deve MAI mancare, anche nei momenti più difficili.
Non ci siamo chiesti perché fosse capitato a noi ma abbiamo sempre cercato di gioire delle piccole vittorie di nostro figlio. So che è immensamente difficile e sembrano banalità ma ci abbiamo provato con tutti noi stessi molte volte fallendo, altre volte strappando un sorriso ai genitori degli altri piccoli ricoverati anche quando da ridere c’era ben poco.
Non finirò mai di ringraziare l’associazione F.AT.E perché senza di loro non avremmo mai conosciuto tutto il personale del reparto che ci ha protetti e ci sta assistendo in questo difficile percorso. Abbiamo incontrato dei professionisti insostituibili che fanno del loro lavoro una missione e che ci hanno sempre sostenuti, anche e sopratutto a distanza quando tra gennaio e febbraio le stenosi si facevano sempre più frequenti e non sembrava esserci un miglioramento.
Anche se la nostra vita da genitori è appena cominciata ne abbiamo passate delle belle ma sappiamo che nostro figlio è un vero combattente ed è lui che tutti i giorni con i suoi sorrisi e i suoi progressi ci da la forza e l’entusiasmo di raccontare serenamente e con tanta positività la nostra storia perché, come scrive Khalil Gibran, “Più a fondo scava il dolore, maggiore è lo spazio da riempire di gioia”.
Un abbraccio grande a tutti i bimbi, ai loro genitori e a coloro che presto lo diventeranno.
Giovanni, Chiara e Marco
Last Updated: 23 Febbraio 2017 by cristina 2 Comments
Resoconto e considerazioni sul Secondo incontro con le Famiglie
Si è tenuto a Roma, dal 24 al 26 giugno, il secondo incontro Nazionale Famiglie con Atresia Esofagea, promosso e interamente organizzato dall’Associazione F.AT.E.; sono state molte le famiglie che anche quest’anno hanno aderito con entusiasmo all’iniziativa e l’aggiunta di alcune “facce nuove” – anche per quanto riguarda il gruppo degli adulti nati con AE – fa capire quanto sia fondamentale l’aspetto comunicativo, al fine di raccogliere il maggior numero di adesioni e far sentire ancora di più una voce che, anno dopo anno, si sta facendo sempre più importante nel vasto panorama delle patologie rare.
Il programma, articolato in due giorni giorni e mezzo, ha visto l’introduzione di alcune novità rispetto al primo incontro: è stato molto apprezzato il laboratorio di manipolazione, coordinato dagli esperti di riabilitazione in collaborazione con gli educatori, che hanno aiutato genitori e bambini a preparare una merenda gustosa e molto variegata! È stata anche l’occasione per i professionisti per monitorare, in un ambiente più “domestico”, il rapporto che i bambini nati con AE hanno con il cibo. Le tre giornate sono state accompagnate inoltre dall’animazione che ha intrattenuto i nostri piccoli “lottatori” in queste calde giornate romane.
Per quanto riguarda le giornate in specifico, venerdì 24 ha introdotto la sessione – dal titolo “Facciamo il punto sull’Atresia Esofagea: dall’epidemiologia ai casi più complessi” – il dottor Pietro Bagolan, Responsabile del Dipartimento di Neonatologia Medica e Chirurgica dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma. A seguire si è svolta una tavola rotonda con le presentazioni a cura del dottor Piergiorgio Gamba (Chirurgo pediatra, Padova), del dott. Sebastiano Cacciaguerra (Chirurgo pediatra, Catania), del dott. Ernesto Leva (Chirurgo pediatra, Milano) e del dott. Alessio Pini-Prato (Chirurgo pediatra, Genova); una sessione di domande e risposte infine ha chiuso la mattinata.
Nel pomeriggio si è svolta l’assemblea dei soci in cui, oltre ad approvare il rendiconto finanziario dell’anno 2015-2016, sono stati discussi alcuni punti relativi alle attività – informazione e sensibilizzazione, supporto alla ricerca e raccolte fondi – da svolgere e finalizzare per il prossimo anno.
CLICCA SU QUESTO LINK PER SCARICARE TUTTE LE PRESENTAZIONI
Sabato 25 giugno la sessione “Facciamo il punto sul follow-up dopo la correzione dell’atresia esofagea”, argomento che tocca da vicino sia i bambini che gli adulti nati con AE: in questa sessione, moderata dalla presidentessa dell’Associazione Cristina Duranti e introdotta dal dottor Luigi Dall’Oglio, Responsabile della U.O. di Chirugica Digestiva dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma, si è parlato più in profondità anche di transitional care, ovvero del passaggio di presa in carico del paziente che da adolescente diventa adulto (e quindi del cruciale passaggio dal pediatra di famiglia al medico di medicina generale).
Sono intervenuti, sia con presentazioni che rispondendo al consueto giro di domande da parte dell’uditorio, il dott. Andrea Conforti (Chirurgo pediatra, Roma), il dott. Piergiorgio Gamba (Chirurgo Pediatra,Padova), il dott. Francesco Macchini (Chirurgo pediatra, Milano), la dott.ssa Lelia Rotondi Aufiero (Pediatra, Roma) e per la prima volta il dott. Marco Crostelli (Ortopedico, Roma).
Molto apprezzati gli interventi del dottor Crostelli e della dott.ssa Rotondi Aufiero, che hanno fornito con le loro presentazioni ulteriori spunti di riflessione che si sono aggiunti e integrati a quelli prettamente chirurgici.
Nel pomeriggio si è svolto il laboratorio di manipolazione, coordinato dalla dott.ssa Antonella Cerchiari, disfagista, e dalle sue collaboratrici. I bambini, aiutati anche da alcuni genitori e dagli esperti, hanno preparato una merenda impastando, decorando e sfornando delizie dolci e salate. L’occasione di giocare e imparare con il cibo, in un contesto più familiare e senza le pressioni di una stanza d’ospedale, è stata sia una valvola di sfogo per i piccoli che per le loro famiglie, ma anche una bella opportunità per psicologhe e disfagiste di valutare professionalmente la “socialità” dei piccoli e il loro rapporto col cibo, croce e delizia dell’Atresia Esofagea.
Il laboratorio ha suscitato una valanga di commenti positivi, ed è stato di sicuro uno dei momenti più belli di tutto il week end.
Domenica 26 la sessione si è incentrata su una conversazione multidisciplinare, coordinata dalla dott.ssa Laura Valfré (Chirurgo pediatra, Roma), su come affrontare le difficoltà incontrate al momento dei pasti: un dibattito stimolante e molto seguito, che ha visto l’intervento anche della dott.ssa Antonella Cerchiari (Disfagista, Roma) che ha inoltre presentato un’interessante relazione sull’attività di monitoraggio svolto durante il laboratorio di manipolazione del cibo, la dott.ssa Tamara Caldaro (Chirurgo pediatra, Roma), la dott.ssa Paola De Angelis (Pediatra Gastroenterologo, Roma) e la dott.ssa Francesca Bevilacqua (Psicologa, Roma).
Questo secondo incontro ha lasciato una serie di strascichi positivi, che vanno dal consolidamento di un gruppo di famiglie – a cui se ne aggiungono sempre di nuove – unite da una sempre più grande consapevolezza nei propri mezzi, da un rafforzamento dell’attività dell’Associazione anche rispetto alle iniziative di promozione all’interno della rete ospedaliera – dato che tutti gli esperti intervenuti hanno sottolineato l’importanza dell’azione globale di F.AT.E. –, e infine da un gruppo di adulti nati con AE che, incontro dopo incontro e sfruttando le infinite vie di comunicazione del web, si sta ritagliando un proprio spazio all’interno della “quotidianità” dell’Associazione… perché bisogna ricordare che tutti i bambini nati con AE un giorno saranno adulti che dovranno essere in grado di affrontare le sfide che la vita mette loro davanti…come ho sentito dire spesso in queste giornate, “allora c’è luce in fondo al tunnel!”.
Infine, il filo comune che lega queste considerazioni finali è la rete: è di fondamentale importanza per l’Associazione organizzare e promuovere queste giornate, in modo da fare da tramite e creare una serie di relazioni che passino da questi tre universi – famiglie, adulti e rete ospedaliera –, mondi distinti ma che inevitabilmente si intersecano quotidianamente (a volte anche tutti e tre nello stesso momento!), per creare una sempre più crescente consapevolezza e voglia di andare avanti in una direzione comune, perché i nostri piccoli “lottatori” sono fortissimi, ma insieme lo saranno ancora di più!
Marco Parracciani
keyhealthplan.com
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